Quando il latte diventa un problema

Articolo della dott.ssa Monica MartinoMonica Martino
Biologa e Consulente per aziende agroalimentari
e Food Blogger.
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Il latte è uno degli alimenti che fa parte della nostra cultura gastronomica e della nostra tradizione da sempre: è il nostro primo cibo da neonati e continua ad accompagnare la colazione di tutti i giorni i oltre ad essere anche uno degli ingredienti che non possono mancare nella cucina in quanto presente in tantissime ricette dolci e salate. Nella storia dell’uomo, il latte e i suoi derivati sono sempre stati presenti in tutte le epoche e civiltà.

Il latte in breve

baby-ga3574d8a3_1920Parlando a livello scientifico, il latte è il “prodotto delle ghiandole mammarie delle femmine dei mammiferi dopo il parto, per nutrire i cuccioli e sostenerne la crescita nelle prime fasi di sviluppo fino a che non sono in grado di nutrirsi di altre fonti”. Anche l’essere umano è un mammifero e il latte materno è dunque la prima fonte di energia che assumiamo, indispensabile per un corretto sviluppo finché il bambino non è in grado di digerire e assimilare correttamente altre fonti di cibo. Al termine dell’allattamento, che può variare da alcuni mesi fino a qualche anno, il latte materno viene sostituito, all’interno di una alimentazione varia, dal latte di uso comune prodotto da altri animali, in genere il latte di mucca o di capra.

Ma se il bambino era stato alimentato con il latte materno, le cui proprietà organolettiche differiscono rispetto ad altri latti di origine animale, questi ultimi possono diventare un alimento idoneo e sano per la sua alimentazione? Il latte, infatti, più di ogni altro alimento suscita molte domande e perplessità forse perché come pochi altri si porta dietro profonde implicazioni culturali, psicologiche e antropologiche.

È vero che i bambini al di sotto dell’anno di età hanno un intestino ancora immaturo e non in grado di digerire le caseine nelle varianti non presenti nel latte umano. Inoltre quasi tutti i tipi di latte diversi da quello umano e da quelli appositamente formulati per neonati, hanno troppe proteine, troppi grassi saturi, poco ferro e troppi minerali. Crescendo il sistema digerente matura e diventa in grado di digerire anche le caseine del latte di altri animali, a patto di non soffrire di reazioni avverse a questo alimento. Il latte di ogni mammifero contiene, infatti, oltre ai macro e micronutrienti anche piccole molecole e fattori di crescita, che hanno l’obiettivo di stimolare la crescita del cucciolo e che nell’organismo adulto devono essere introdotte con parsimonia.

Per capire meglio, confrontiamo alcuni nutrienti contenuti nel latte di varie specie animali:

specie acqua residuo secco grasso lattosio sostanze azotate caseina
% % % % % %
vacca 87-89 11-13 3.4-3.6 4.6-4.7 3.4-4.7 2.5
bufala 78-84 16-22 6-9 4.7-4.9 4.4-4.8 3.9
capra 83-89 11-17 4.3-4.4 4.3-4.7 4-4.2 3
pecora 79-82 18-21 5-7 4.5-5 5.6-6 4.5
asina 89-90 10-11 1.5 6.7 1.65 0.95
balena 52-55 45-48 35 0.7 10
cane 81-82 18-19 4 4.8 9 4.5
cavallo 90-91 9-10 1.1 5.6 2 1.25
coniglio 70-71 29-30 12 1.8 13 9
donna 87-88 12-13 3.3 6.6 1.4 0.85
gatto 81-83 17-19 4 4.9 9.1 2.8
renna 66-68 32-33 17.5 2.8 9.9 7.9
scrofa 82-84 16-18 5 3 7.2 3.7

Sappiamo bene che pochi alimenti come il latte contengono in un’unica fonte alimentare buone quantità della maggior parte dei macronutrienti (proteine, grassi e zuccheri) e micronutrienti (vitamine e sali minerali) di cui necessitiamo per rimanere in salute:

  • proteine ad alto valore biologico (che contengono cioè tutti gli amminoacidi essenziali che l’organismo non riesce a produrre), come le caseine e le proteine del siero;
  • zuccheri semplici come il lattosio, facilmente utilizzabili dall’organismo come fonte di energie;
  • grassi (o lipidi), che in quantità equilibrate sono essenziali come riserva di energia, per costituire le membrane cellulari e per la sintesi di molte molecole bioattive, come gli ormoni;
  • è una delle fonti alimentari più ricche di calcio e particolarmente assimilabile;
  • altri micronutrienti presenti nel latte sono fosforo, magnesio, e le vitamine del gruppo B, ad esempio la B6, la riboflavina (B2) e, soprattutto nel latte intero, le vitamine liposolubili come la vitamina A, la vitamina E e la vitamina D.

Il latte infine, in quanto alimento liquido, è costituito per l’80% da acqua, di cui l’organismo ha bisogno ogni giorno in grandi quantità quindi aiuta nel mantenimento quotidiano di una buona idratazione del nostro organismo.

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Allergia alle proteine del latte

Se è vero in generale che, nelle dosi raccomandate, il latte è un alimento sicuro, per alcune persone è meglio evitare di assumerlo, come per chi ha reazioni avverse al lattosio o alle proteine del latte.

L’allergia alle proteine del latte, soprattutto le lattoglobuline del latte di mucca, colpisce circa l’1-2% dei bambini tra i tre e i diciotto mesi di vita ma tende a diminuire col tempo, in genere entro i cinque anni di età, e negli adulti è molto rara (mentre aumentano i casi di intolleranza al lattosio).

Le proteine del latte sono certamente le proteine di origine animale consumate da sempre e a livello nutritivo sono proteine di elevata qualità biologica. La frazione proteica del latte è rappresentata per l’80% da caseine e per il restante 20% dalle proteine del siero.

Focalizziamo la nostra attenzione sulla caseina. Questo complesso proteico, appartenente alla famiglia delle fosfoproteine, è costituito da vari tipi (αs-caseina, β-caseina, γ-caseina, κ-caseina) dei quali sono note diverse varianti genetiche. Le caseine le ritroviamo nel latte sotto forma di piccoli complessi micellari i quali hanno al loro interno diversi sali minerali, tra cui il calcio che ne rappresenta una buona percentuale. Queste micelle sono in grado di disperdere la luce conferendo al latte il suo caratteristico colore bianco. Le caseine αs, β e κ derivano dalla ghiandola mammaria mentre il tipo γ è il risultato di pezzi di molecola del tipo β riunite grazie all’azione dell’enzima plasmina che si trova nel latte. Le caseine, insieme alla proteina del siero β-lattoglobulina, sono tra gli antigeni più comuni che portano ad allergia al latte, molto frequente durante i primi anni di vita del bambino e che in genere con lo sviluppo si riduce notevolmente ma non in tutti i casi. Lo stomaco degli esseri umani, specialmente quello di un bambino, non è in grado di digerire un quantitativo proteico 80 volte superiore a quello umano (paragone riferito a quello vaccino).

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Il problema della non tollerabilità delle proteine del latte (vaccino in primis) viene posto soprattutto a causa di alcuni processi che subisce il latte durante la sua trasformazione. Tra tutte le proteine del latte che con l’azione termica vengono denaturate, la più importante è sicuramente il complesso di caseine poiché in misura del suo deterioramento può provocare in egual misura una maggiore permeabilità dell’intestino. Una barriera intestinale permeabile comporta una predisposizione all’assorbimento anormale di antigeni, trasportati in gran numero alle parti interne della mucosa intestinale e con il “cronicizzarsi” del fenomeno in seguito si iniziano a riscontrare vari problemi di salute quali dermatiti, raffreddori da allergia, asma, ecc. e man mano che la permeabilità aumenta l’organismo diventa sempre più sensibile ai malanni.

Diversi studi hanno constatato che tanto è più pesante il trattamento termico del latte e tanto più la parte proteica perdeva il suo carattere “nativo”, compromettendo in seguito la salute di chi consumava latte pastorizzato: nel tratto digestivo umano, ciò che rimane della digestione batterica del complesso di caseine produce una sorta di muco spesso e filamentoso tanto da rallentare le funzioni dell’apparato gastrointestinale, soprattutto quando manca l’enzima necessario alla scomposizione delle caseine ovvero la rennina.
Cosa comporta l’assunzione di latte o latticini trattati termicamente? La parte proteica, dopo la digestione, si ritrova suddivisa in diversi frammenti con aminoacidi legati ancora insieme, con il risultato che questi passano per la mucosa “permeabilizzata” (col tempo) andando a interferire con i recettori oppioidi in quanto queste molecole frammentate hanno similarità con le morfine e per questo definite caseomorfine. In base alle quantità e alla qualità di queste caseomorfine ci sono connessioni per quel che concerne problemi di apprendimento e comportamentali, alterazioni del sonno, funzionamento del sistema immunitario e problemi gastrointestinali (stipsi e motilità intestinale).

I sintomi variano da orticaria a dermatite atopica, ma anche problemi respiratori (sibilo nel respiro), vomito persistente e problemi intestinali fino a una rallentata crescita del bambino. Se viene diagnosticata un’allergia alle proteine del latte, è opportuno cessare il consumo di latte e di derivati sostituendoli con bevande e derivati vegetali, opportunamente concordati con il pediatra e/o lo specialista dopo la diagnosi.