Sovrappeso e obesità, l’epidemia silenziosa

Articolo della dott.ssa Monica MartinoMonica Martino
Biologa e Consulente per aziende agroalimentari
e Food Blogger.

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L’obesità è la malattia metabolica più diffusa nel mondo, la cui incidenza è in continuo aumento, tanto da essere ormai paragonata alla stregua di una vera e propria epidemia. La lotta contro questo preoccupante fenomeno costituisce una delle sfide più importanti del nostro tempo, in quanto le risorse sanitarie attualmente disponibili non riescono a fronteggiare in modo efficace le molteplici e gravi complicazioni che si associano all’eccesso di peso.

Definizione e caratteristiche

“Condizioni caratterizzate da eccessivo peso corporeo per accumulo di tessuto adiposo, tale da influire negativamente sullo stato di salute del singolo individuo”, questa è la definizione che l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) dà del sovrappeso e dell’obesità. In parole povere, si tratta di condizioni patologiche dove la composizione corporea viene alterata a causa di un’eccessiva presenza di tessuto adiposo che può pregiudicare la qualità e l’aspettativa della vita. Queste due condizioni possono essere espresse attraverso un parametro numerico, l’IMC (indice di Massa Corporeo), dove il valore è dato dal rapporto tra il peso corporeo e l’altezza moltiplicata per se stessa.

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Come si può evincere dall’immagine, quando l’IMC supera il valore 25 parliamo di sovrappeso, mentre oltre 30 invece il soggetto è considerato obeso, con un aumento di circa il 20% del peso corporeo rispetto a quello ideale secondo parametri valutati in sede di visita specialistica attraverso la bioimpedenziometria.

Sempre l’OMS ha definito soprattutto l’obesità come uno dei problemi più gravi di salute pubblica dell’età moderna nei paesi industrializzati e interessa non solo gli adulti, ma soprattutto negli ultimi decenni anche bambini e adolescenti.

Secondo diversi studi effettuati, sovrappeso e obesità sono associati a una riduzione dell’aspettativa di vita di circa 6-7 anni, specialmente in correlazione alle patologie che si sviluppano in conseguenza come le malattie cardiovascolari: l’eccesso di peso e l’aumento di tessuto adiposo viscerale negli adolescenti si sono rivelati seri fattori di rischio per lo sviluppo di aterosclerosi in età adulta.

Come si distribuisce il grasso corporeo? Innanzitutto bisogna fare una prima distinzione riguardo proprio al grasso corporeo. Sul piano clinico abbiamo due tipi di obesità in base alla localizzazione del tessuto adiposo:

  • androide (a mela): la distribuzione del tessuto adiposo avviene in prevalenza a livello addominale (grasso viscerale)
  • ginoide (a pera): la distribuzione del tessuto adiposo è invece periferica e l’accumulo è prevalentemente sui fianchi e alla radice delle cosce (grasso sottocutaneo)

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Normalmente, il tessuto adiposo ha funzioni di sostegno e contenimento degli organi interni, mentre il tessuto adiposo che si trova in sede sottocutanea ha soprattutto funzione di protezione termica e riserva energetica. Nella donna è più evidente nella regione gluteo-femorale e mammaria in quanto organizzato per le eventuali gravidanze e allattamenti da sostenere, mentre nell’uomo si trova maggiormente in sede addominale. Inoltre un circa 10% del tessuto adiposo è localizzato attorno ai fasci muscolari degli arti.

A livello clinico, le percentuali aumentate di grasso viscerale e sottocutaneo hanno una notevole importanza, specialmente nell’obesità di tipo androide con eccesso di grasso viscerale alla quale si associa un aumento dell’incidenza di patologie come diabete, sindrome metabolica, dislipidemie, ipertensione arteriosa e malattie coronariche.

Oltre alle modificazioni della distribuzione del tessuto adiposo, l’aumento ponderale di peso comporta anche a un aumentato stato di infiammazione a causa di una maggior circolazione di sostanze pro-infiammatorie, quantità che non viene calmierata in quanto non vengono prodotte molecole antinfiammatorie in quantità sufficiente. In questo caso si instaura quella che viene definita una situazione di infiammazione cronica di basso grado che è alla base dello sviluppo e progressione delle complicanze legate all’obesità.

L’alimentazione nel tempo

Antropologicamente e fisiologicamente parlando, siamo il risultato di un processo evolutivo iniziato dai primati e che, anche se non ce ne accorgiamo, ancora oggi sta continuando. Durante questo lungo percorso, il genere umano ha subito importanti mutamenti sia nello stile di vita che specificamente nell’alimentazione. Nel corso del periodo dell’essere umano cacciatore e raccoglitore, il rapporto energetico tra cibo assunto e dispendio energetico era equilibrato in quanto limitato al reperimento del pasto che poteva anche non essere quotidiano. Si assumevano importanti quantità di proteine di origine animale da selvaggina (quindi povera di grassi), pochissimi zuccheri semplici e un ottimo apporto di fibre grazie all’assunzione di radici, erbe e cereali a basso impatto glicemico in quanto consumati integrali (Leggi anche “L’archeologia del cibo”). Nel tempo si sono susseguiti periodi di abbondanza di cibo e carestie e l’adattamento a queste estreme variazioni caloriche avrebbe portato a un genotipo con efficienza metabolica parsimoniosa in grado di abituare il corpo a un risparmio di energie essenziale per sopravvivere durante i periodi con minor apporto nutritivo.

Dal secondo dopoguerra in poi si è avuto un importante stravolgimento delle abitudini alimentari e dello stile di vita. A causa dell’improvviso boom economico e una conseguente maggior disponibilità di cibo, si è visto di contro un minore dispendio energetico supportato dall’aumento dell’utilizzo dei mezzi di trasporto e una maggiore attività lavorativa sedentaria. Un ulteriore cambiamento, soprattutto negli anni più recenti, con la disponibilità sempre più alta di cibi di pronto consumo, in cui l’apporto calorico è maggiorato per l’elevato contenuto in grassi e zuccheri per una maggiore palatabilità, contribuendo a un conseguente aumento dei casi di obesità anche patologica. In parole povere, il risultato di questi drastici cambiamenti da 60 anni a questa parta è stato un’alterazione del bilancio energetico che ha portato a un accumulo di tessuto adiposo nell’organismo, accumulo che diventa sempre più difficile riportare a una situazione di equilibrio.

Altri fattori che portano all’aumento di tessuto adiposo

Ovviamente al sovrappeso e all’obesità concorrono anche altri fattori, tra cui quelli genetici: diversi studi scientifici e medici hanno nel tempo confermato l’importanza della predisposizione genetica quale fattore influenzante la quantità e la distribuzione del tessuto adiposo, con una percentuale stimabile tra il 40 e il 70%. Fino ad ora sono stati infatti individuati più di 250 geni legati all’obesità nel genere umano e la ricerca continua nell’individuazione di altri.

La predisposizione genetica è inoltre legata anche a fattori biologici, psicologici, socio-culturali e ambientali. È stato notato che le forme più gravi di obesità vengono spesso individuate in popolazioni con più basso livello socio-economico o con problematiche psicologiche legate specialmente alla solitudine e in alcuni casi anche ad abuso di psicofarmaci che possono andare ad impattare sul metabolismo basale rallentandolo.

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Il comportamento alimentare

Perché mangiamo? Dal punto fisiologico è necessario fornire al nostro corpo i principali macro e micronutrienti e assicurare l’apporto energetico necessario per la vita. Il controllo del comportamento alimentare dipende dall’ipotalamo, la struttura cerebrale che riceve le informazioni sullo stato energetico del corpo e consente all’organismo di adattare l’azione del mangiare in base alle necessità dello stesso. Le sensazioni di fame e sazietà dipendono dal coordinamento tra fattori di diversa natura il cui scopo è quello di bilanciare l’introduzione di calorie alimentari con il fabbisogno energetico dell’organismo (per un approfondimento, ne abbiamo già parlato in questo articolo). La quantità di cibo ingerito comunque non dipende necessariamente e oggettivamente dalla semplice mancanza di nutrienti: la maggior parte delle volte il desiderio di mangiare un determinato cibo è stimolato dalla sua vista o dal suo odore e quindi è stimolato dall’appetito e non dalla fame. Questo meccanismo può quindi indurre a consumare eccessive quantità di nutrienti qualora siano graditi ai sensi.

Perché è importante perdere peso

Le modificazioni dello stile di vita, le terapie farmacologiche e la chirurgia bariatrica (insieme di interventi fondamentali per i soggetti obesi per eliminare l’eccesso di tessuto adiposo e per prevenire o curare le patologie associate a questo fattore) hanno palesemente messo in luce come la perdita di peso è associata alla riduzione di tutte le complicanze legate all’eccesso ponderale. Infatti, una perdita modesta di peso, indicativamente tra il 5 e il 10%, corrisponde a un importante miglioramento della pressione arteriosa e del profilo lipidico a livello plasmatico, con una riduzione dei trigliceridi e del colesterolo LDL (“cattivo”) a favore di quello HDL (“buono”).

Inoltre per meglio comprendere i fattori implicati nel mantenimento e nel recupero del peso forma è necessario studiare i fattori fisiologici, psicologici e ambientali implicati nel comportamento alimentare (specialmente nei bambini e negli adolescenti) e le complesse interazioni tra loro. Importante quindi essere seguiti non solo da uno specialista nutrizionista ma potrebbe essere di notevole supporto un aiuto da parte di psicologi e psichiatri specializzati in comportamenti alimentari.

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